PROLOGO: Un breve riassunto
della situazione.
1) La Dr. Comet, una
gigantesca nave spaziale a forma umanoide, giunse poco tempo fa presso un
pianeta lussureggiante, ma disabitato, in risposta ad
un segnale di soccorso lanciato dalla superficie.
2) L’astronave Rakk’n’Ruin,
con a bordo una pattuglia comprendente il procione
Rocket Raccoon, la sua fidanzata la lontra Lylla, il coniglio nero Blackjack
o’Hare, la volpe Bori e lo scoiattolo Chip, il tricheco Wal Rus e la tartaruga
Pyko, si staccò dalla Comet per
scendere sul pianeta. Nel viaggio di avvicinamento,
incontrò tuttavia una batteria di difese automatizzate.
3) Giunti sul pianeta, gli animali scoprirono che chi
aveva lanciato l’SOS spaziale, era morto, per mano della
vegetazione stessa del pianeta, una forma di vita super-adattabile, che poteva
trasformare anche la Rakk in suolo su
cui proliferare. La squadra fu il successivo bersaglio del killer verde.
4) La Rakk’n’Ruin,
con a bordo solo Wal Rus e Pyko, fu costretta ad
abbandonare gli altri membri della spedizione per evitare di venire
‘colonizzata’ dalla vegetazione.
5) La Dr. Comet, per
ragioni ancora inspiegate, lasciò l’orbita del pianeta, diretta verso una
destinazione sconosciuta.
6) Sul pianeta, Rocket Raccoon & Co.,
ignari di quanto appena avvenuto, scoprirono di non essere soli.
7) Pronti?
MARVELIT presenta
Episodio 3 - It’s an Alive
World, After All
“Chi…sei?” chiese Rocket
Raccoon.
In realtà, tutti dal procione
a Courier, il destriero meccanico, desideravano tanto trovare un modo per
uscire da quel maledetto budello fatto di un qualche materiale organico. Ma, considerando che per il momento il meglio che potessero
fare era aggrapparsi alle pareti del budello suddetto, tanto valeva prendere
tempo con la misteriosa entità che voleva fare ‘quattro chiacchiere’ con loro[i]…
<Potete chiamarmi Sub-Ego. Mi
piacerebbe qualcosa di più altisonante, ma sono solo un prodotto in serie…>
“Potresti ricominciare
dall’inizio?” lo interruppe o’Hare. “E già che ci sei,
potresti fare qualcosa per toglierci da questa situazione, Sub-rompiscatole?
Per favore?” Aggiunse con evidente sarcasmo.
In risposta, il budello si spalancò di colpo, togliendo
ogni appiglio! L’intero gruppo precipitò urlando nelle viscere del pianeta.
Sempre urlando, terminarono la
corsa precipitando in un’immensa caverna.
Courier, finalmente libero di
muoversi, accese i razzi e uno dopo l’altro si caricò in
groppa tutti i membri della squadra. Bori, che finì seduto sul quarto
posteriore di Courier, sospirò soddisfatto all’idea che la sua povera coda, questa
volta, non fosse finita in qualche modo maltrattata…
Poi Chip ci finì sopra col
proprio sedere! Qualunque imprecazione stesse per
sfuggire alla povera volpe, fu soffocata quando lo scoiattolo l’afferrò per il
muso in una morsa peggio di una museruola. A sua volta Bori, per non perdere
l’equilibrio, si afferrò disperatamente a Lylla, che
si tenne alla vita di Rocket, che quasi lasciò le unghie contro il collo di
Courier. Blackjack era aggrappato alla zampa meccanica posteriore.
Il cavallo atterrò, non tanto
aggraziato. Quel leggero impatto sconvolse il precario equilibrio degli
animali, che andarono giù ‘a catena’, con il coniglio nero sotto tutti.
“Dovevi proprio essere sgarbato con questo tipo, Blackjack?!” fece
un’indignata Lylla.
La testa di
lui spuntò fuori dal mucchio con un ‘pop’. “Che
vuoi, dolcezza? Gliel’ho anche chiesto per favore!
Yuch, cos’è questo schifo?” sollevò la zampa che aveva
appoggiato al suolo, lasciandosi dietro una ragnatela di filamenti collosi
biancastri.
Il gruppo si disincagliò.
Guardandosi intorno, videro che si trovavano sì in una caverna, ma che le sue
pareti erano interamente coperte di materiale organico, attraversate
da delle specie di tubi pulsanti.
C’era un cratere, al centro
della caverna, e loro erano atterrati proprio ad un passo dal bordo.
Bori si chinò prudentemente a osservare oltre il bordo, pronta a tirarsi indietro al
minimo segno di… “Cavolo! Guardate qua che roba, gente!”
Gli altri, Courier compreso,
imitarono la volpe. “Peerò!” fece Blackjack.
<Questo sono io,> rispose il pulsante cervello, sospeso in quello che
sembrava un immenso pozzo, connesso alle pareti da un enorme numero di
filamenti, attraverso cui scorrevano lampi di corrente.
Rocket attivò il suo computer
da polso. Velocemente, calcolò la distanza di quella massa organica… Per
scoprire che, nonostante le apparenze, distava almeno tre chilometri da loro!
Per prova, il procione stese
una zampa oltre il bordo. Subito sentì il pelo rizzarsi per la quantità di
corrente che il cervello generava.
<Come stavo
dicendo, potreste definirmi un prodotto. Sono un clone imperfetto
dell’entità chiamata Ego.>
“Chi?” fece
Bori.
<Ego è un pianeta vivente,
un’entità incommensurabilmente vecchia. Rappresenta un bioverso autosufficiente.
<Un solo nemico è
all’altezza di Ego. Un solo essere può decretarne la
morte: il suo nome è Galactus, il Divoratore di Mondi. Ma Galactus, a sua
volta, non è solo il nemico di Ego, egli è apportatore
di morte per innumerevoli mondi floridi.
<Tempo fa,
i miei creatori hanno deciso di rubare della materia da Ego, allo scopo
di replicarne il principio vitale. Quindi, tale principio sarebbe stato diffuso
sotto forma di semi, e tali semi avrebbero trasformato il più arido pezzo di
roccia in una preda appetibile per il Divoratore.>
“E in
questo, noi cosa c’entriamo?” chiese Rocket. “Se questo Galactus nutre la fame
che dici, tutto l’equipaggio della Dr. Comet non
costituirebbe nemmeno una briciola di cibo.”
<C’è una cosa che neppure i
miei creatori sanno: a differenza dei miei simili, la mia coscienza è attiva e
funzionante. Gli altri non sono che dei bruti
selezionati per non opporre resistenza.
<Aiutatemi, e vi prometto
che vi lascerò andare.>
“Aiutarti come? Hai descritto
Galactus come un essere a livelli di potere cosmici. Noi non…”
<Portatemi con voi. Se una
parte di me sopravvivrà, potrò replicarmi da qualche parte dove il Divoratore
non mi avrà.>
“Come no!” esclamò Chip.
“Detto da uno che fino a poco fa ha cercato di farci diventare parte della
vegetazione locale!”
<Quelle erano le mie difese
immunitarie esterne. Normalmente, non mi curo di controllarle, così come voi
non controllate normalmente il battito del vostro cuore. Inoltre, ammetto a mia
colpa, vi avevo inizialmente equiparato agli sciocchi che cercarono
di trivellare la mia superficie.
<Ho
letto in profondità nelle vostre menti, e ho visto le motivazioni che vi
animano. Potrei facilmente avere ragione della vostra resistenza, e
costringervi a prendere una parte di me direttamente nei vostri corpi… Invece,
desidero chiedervi aiuto, perché il nostro sia un rapporto di fiducia.>
“Proprio come immaginavo.” Le
zampe tozze dalle scaglie verdi sembrarono volare sulla tastiera a cristalli
liquidi.
La tartaruga studiò per la
quarta volta i risultati sullo schermo. “È stata l’esposizione al vuoto a uccidere l’organismo.” Spostò lo sguardo occhialuto
all’oblò. Il cristallo polarizzato proteggeva la vista dall’esposizione diretta
del sole di quel mondo. Se ci fosse stata un’atmosfera
adeguata, la vegetazione rimasta attaccata alla Rakk’n’Ruin avrebbe continuato a prosperare…
“Questo non risolve
il fatto che Rocket e gli altri hanno bisogno di aiuto, Zio Pyko,”
commentò un tricheco intento al posto di pilota. “Cosa
intendi fare?”
La
tartaruga si fregò le zampe, mostrando il suo sorriso astuto brevettato.
“Intendo portarli a bordo, naturalmente. Che altro?”
“Rocket… Se sta dicendo la
verità, non possiamo abbandonarlo al suo destino!” Lylla si guardò intorno,
stringendosi le zampe come in preghiera. “Che destino
orribile, povera creatura! Creata in laboratorio per fare da cibo!”
“Dipendesse da me, una
risposta saprei darla anche subito,” disse Blackjack.
“Questi toni mielosi li ho già sentiti usare dal mio
fu boss, e so riconoscere una moneta falsa quando la sento tintinnare.”
Rocket si sporse di nuovo dal
bordo per osservare il titanico cervello.
La vera domanda era: avevano
scelta? La risposta, come non tanto sottilmente posta da Sub-Ego, era No. Che
le motivazioni di questa creatura o no fossero sincere,
le sue intenzioni erano chiare.
E se invece avesse
detto la verità, come la sua amata Lylla immaginava? Lui aveva un
dovere, aiutare chi ne aveva bisogno: i suoi antenati
a quattro zampe erano stati portati nello spazio insieme a un gruppo di umani
pazzi perché fungessero loro da compagnia. Poi i robot-custodi degli umani
avevano deciso di modificare geneticamente gli animali perché diventassero loro
i nuovi custodi.
L’istinto di soccorrere i
bisognosi era molto radicato in tutto l’equipaggio della Dr. Comet. Era per questo che si erano messi in viaggio, dopo che i Loonies, i folli umani, erano guariti[ii]…
“Sub-Ego.”
<Dimmi.>
“Desidero mettermi in contatto
con la Rakk’n’Ruin. Adesso.”
<Siete liberi di andare
sulla superficie. Userete il poro da cui siete venuti.>
Pochi minuti dopo, Courier ed
i suoi passeggeri uscirono all’aperto.
Scesero dal destriero. Quindi, Rocket fu il primo a correre il rischio, mettendo un
piede sul limite del campo d’erba…
I fili verdi non si mossero.
C’era solo da sperare che non ci fossero microspore nell’aria, oppure…
Il procione attivò il computer
da polso. “Zio Pyko? Wal? Siete in ascolto?”
L’esclamazione
di gioia del tricheco quasi gli sfondò i timpani. “ROCKET! Sapevo che ce l’avreste
fatta! Come state tutti? Cosa…”
“Sì,
stiamo tutti bene, ma rimandiamo i dettagli a dopo, vecchio mio. Sembra che
alla fine, qualcuno a cui dare una zampa l’abbiamo trovato…”
ed espose rapidamente i fatti.
Pyko
ascoltò molto attentamente, tamburellando nel frattempo sul bordo del pannello.
Quando Rocket ebbe finito, disse, “Capisco.
Ovviamente, dovrà essere Courier a portare il campione: è l’unico che può farlo
senza rischi, del resto.” Attivò il comando per un
canale preferenziale. “Courier, procedura Sigma-333.”
Poi tornò al canale in chiaro. “Appena avrete finito,
vi teleportiamo su. Vedi, Rocket, abbiamo un altro problema per le zampe.”
Rocket ascoltò a dir poco
incredulo. “La Dr. Comet se n’è andata?? Così, senza neppure uno straccio di comunicazione?”
“Già. E per quanto la nostra sia una buona nave, non abbiamo una mappa adeguata della
zona in cui stiamo navigando: c’è una ragionevole certezza che termineremo il
carburante prima di raggiungere un astroporto.”
Il procione snudò i denti in
un ringhio muto, ma riuscì a mantenere il controllo. “Ci occuperemo di un
problema per volta. Ora dobbiamo portare Sub-Ego con noi.”
Si voltò verso il cavallo meccanico. “Courier, sei pronto?”
Il destriero smise di brucare.
“Sono pronto, padrone.”
“Forza, zio Pyko.”
Rocket
Raccoon e la sua squadra scomparvero in un bagliore di
teletrasporto.
Riapparvero tutti a bordo
della nave… Tutti, tranne Courier.
Lylla si guardò intorno.
“Courier..?” Poi sentì la zampa guantata di Rocket
sulla sua spalla.
Il procione scosse mestamente
la testa. “Mi dispiace davvero, amore mio.”
La
lontra spalancò gli occhi. “No… Non potete avere…” Poi, la luce di un nuovo
sole inondò gli oblò.
Courier fu effettivamente teleportato via dal pianeta. Solo
che il suo viaggio terminò appena fuori dell’atmosfera.
A
quel punto, la procedura Sigma-333 prevedeva l’autodistruzione. E il motore nucleare di Courier esplose, disintegrando
efficacemente ogni minima parte di Sub-Ego dentro di lui.
“Avevo capito cosa volevi fare
nel momento in cui Courier non era apparso con noi,”
disse Rocket alla tartaruga, mentre prendeva posto al sedile del pilota. “Sei
sicuro che fosse necessario, Pyko?”
“Assolutamente, ragazzo mio.”
La tartaruga ignorò le occhiate di fuoco di Lylla. “Posso anche accettare che
una simile entità non conosca l’umiltà e che si rivolga agli altri con una certa…saccenza.
Ma quando hai accennato alle sue ‘funzioni involontarie’,
ho capito che se lo avessimo avuto a bordo, nessuna precauzione avrebbe
impedito a quell’organismo di trasformarci in una sua copia ambulante ed
infettiva. Pianificava di trasformarci in suoi veicoli e null’altro.
“Per questo ho detto a Courier
di attivare la Sigma-333 su un canale a parte.”
Rocket annuì. “Per impedire
che Sub-Ego mi leggesse nel pensiero e capisse tutto.”
“Già.”
L’ostilità di Lylla sembrò
evaporare di colpo. “Sono stata un’ingenua. Non ci avevo pensato…”
Rocket le rivolse un sorriso
consolatorio. “Neppure io ci avevo pensato. E per quanto ne sappiamo,
eravamo addirittura sotto la sua influenza mentale. È per questo che il nostro
Zio Pyko è importante come ufficiale scientifico.” Poi
il procione si rivolse al tricheco. “Wal, dammi un po’ l’ultima rotta della Comet.”
Un tracciato apparve sulla
mappa stellare.
Rocket lo studiò, perplesso. “Ma questa direzione…”
Wal Rus annuì. “L’ho
controllata parecchie volte. Non ho dubbi: se i nostri amici a bordo della nave
hanno mantenuto quella rotta, allora si sono diretti verso Halfworld.”
“Verso casa…” Rocket non ci si
raccapezzava. Perché tornare verso il loro pianeta
così, di colpo, senza una parola? Avrebbe capito se ci fossero stati segni di nostalgia.
Se glielo avessero chiesto, lui stesso avrebbe impostato la rotta di ritorno…
“Qui qualcosa non quadra, gente.”
“Qualunque cosa sia, non
possiamo farci molto,” disse Pyko. “Non abbiamo il
propellente necessario a stare dietro alla loro coda…”
In tutta risposta, Rocket
predispose i comandi. “E credi che una simile inezia
basti a fermarmi, Zio?”
La tartaruga sospirò. “No,
immagino di no.”
“Ci sono i nostri amici, a
bordo della Comet, e non mi darò pace
fino a quando non saprò cosa è successo loro.” Afferrò
una leva, e la spinse in avanti. “A tutta potERK!”
L’intera nave fu squassata
come da un titanico calcio!
Pyko, colto di sorpresa, cadde
di lato e da lì rotolò sul dorso del guscio. “Va bene la fretta, giovanotto, ma
non credi di esagerare?” disse da una posizione alquanto umiliante per una tartaruga.
“Non è colpa mia… Wal, i
motori…”
“Rocket! Guarda!” Lylla indicò bruscamente
davanti a loro.
Nello spazio. A un chilometro dalla Rakk’n’Ruin,
si era aperto come uno squarcio, nero e vorticante.
Pyko poggiò una zampa contro
il guscio, all’altezza del petto. Un pannello scorse via, e la creatura
estrasse un pad elettronico. Mentre digitava una serie
di comandi sul display, tre braccia snodate telescopiche emersero dal dorso del
guscio. Le braccia si agganciarono a terra, e spinsero la tartaruga in piedi.
“L’estremità di un wormhole
artificiale. Notevole.”
“Come fai a dire che è
artificiale?” fece Wal Rus.
“Non può certo essere un
ingresso naturale, visto che davanti a noi non c’era nessun buco nero, prima. E
se fosse l’uscita a senso unico di un buco nero, cioè
un buco bianco, adesso non saremmo qui a parlarne.”
Rocket tirò a sé il braccio
snodato terminante nel pannello degli armamenti. “Naturale o artificiale, se si
tratta di nemici scopriranno che non siamo indifesi!”
“Guardate!” disse di nuovo
Lylla. “Sta uscendo qualcosa.”
In effetti, un oggetto si
stagliava sempre più nitidamente contro il portale nero. Un
oggetto dallo scafo bombato del color del legno.
Un oggetto dalle bianche vele
spiegate.
Un oggetto che sventolava
orgoglioso la nera Jolly Roger, la bandiera dei
pirati!
“Pyko..?”
Definire Rocket e gli altri stupefatti non avrebbe reso abbastanza l’idea.
La tartaruga stava
freneticamente consultando il computer di bordo attraverso il pad. Sullo
schermo, scorrevano velocemente le immagini di antichi
velieri terrestri, in cerca di una corrispondenza…
E la trovò. E non credette ai
suoi occhi. “Ah…signori?”
Tutte le teste si voltarono a
guardarlo. Era la prima volta che lo vedevano così…smarrito.
“Prima che vi risponda… Wal
Rus, cosa dicono i sensori su quella nave?”
Il tricheco fece scorrere una
pinna sul pannello. “Be’, che è fatta di legno, legno vero, chiodi, catrame… Le
vele sono di tessuto… Insomma, sembra un antico veliero terrestre.”
“Non ‘sembra’.
È un antico veliero terrestre: un
mercantile, per la precisione, Del XVII secolo d.C.
“Quella è la mitica nave senza
nome dell’Olandese Volante.”
Silenzio tombale.
“Una nave fantasma della Terra
qui? Nelle profondità dello spazio?” Wal Rus non sapeva se essere affascinato o
che altro. Si voltò a guardare dallo Zio Pyko alla nave, e optò
per la prima condizione. “Incredibile…”
Rocket riconobbe subito quello
sguardo: il suo socio e compagno di mille battaglie stava
prendendosi una cotta! Tutto quello che riguardava la navigazione era amore a
prima vista -il che, per un pinnipede, era
giustificabile. Ma quando si toccavano i miti, era come dare l’erba gatta a un micio.
“Su la testa, gente!” disse
Blackjack o’Hare entrando di corsa nella sala comando. “Abbiamo visite speciali,
si direbbe.”
“Riconosci quella nave?” gli
chiese Wal Rus senza staccare gli occhi di dosso dal vascello.
Il coniglio gli si mise affianco, guardando con altrettanto interesse. “Ho
studiato tutte le navi pirata e quelle maledette. Mi sono sempre piaciute
molto.” Arricciò meccanicamente i baffi.
“Chissà perché, non mi
stupisce. Rocket, dobbiamo metterci in contatto con quel…”
In quel momento, un bagliore
si manifestò nella sala comando! Sorpresi, i nostri poterono solo chiudere gli
occhi e voltare la testa per non rimanere accecati.
Poi, il bagliore si trasformò
in una figura solida, in carne e ossa. Umana.
L’uomo proruppe in una risata
da orco. “AHR, per i fantasmi dei Sargassi! Ma tu
guarda che roba! Bestie al comando di
una bagnarola del genere! Ora sì che le ho viste
tutte!” Era un uomo enorme, vestito di un abito del colore del sangue, con un
ampio cappello nero con teschio e tibie disegnate sulla fronte. Il suo occhio
sinistro era artificiale, così come la mano destra che spuntava dall’ampia
manica e la gamba sinistra -almeno fino al faldone degli stivaloni neri. Il
cyber-stereotipo del pirata di altri, lontani tempi.
“Ehi, e cosa vorreste farmi con quelle?”
Rocket e Blackjack lo
puntarono con tutte e quattro le loro pistole. “Chi sei e cosa vuoi da noi?”
ringhiò il procione.
L’uomo si infilò
i pollici nel cinturone, al quale erano appese due luccicanti sciabole che un
boscaiolo gli avrebbe invidiato. “Io sono il Capitano Horace Nelson, ma potete
chiamarmi anche l’Olandese Volante.”
“Non mi ricordavo che
l’Olandese avesse un nome da Inglese…o che fosse un
cyborg, se è per questo.”
Nelson se ne uscì in un’altra
risata. “Giusto cielo, anche le tartarughe ne sanno qualcosa, di quel bastardo
maledetto! Questa sì che è fama!
“Ad ogni modo, è vero: sono
solo un umile ammiratore di un uomo che da solo ha maledetto sia il Cielo che
l’Inferno. Sebbene io ed i miei uomini non siamo preda
di alcuna maledizione, ci piace pensare di essere noi la maledizione per i mille mondi di questo vasto mare.” Si
tolse il cappello e fece un cenno come ad abbracciare lo spazio fuori dalla nave.
Nelson si rimise il cappello
in testa. “Sono giunto fin qui perché mi ha…incuriosito l’improvvisa esplosione
vitale che abbiamo rilevato. Il mondo sotto di noi era una palla così arida che
neppure il Cielo stesso avrebbe potuto renderla fertile, ed ora guarda che roba. E pensavo che fosse stati
voi a fare il miracolo.”
“Spiacente,”
rispose il coniglio, “ma anche noi siamo semplici turisti. Anzi, stavamo
proprio levando le tende. Se vuoi quel grosso spuzzem, prenditelo.”
L’uomo fissò la creatura
pelosa. “Uhm, è anche vero che i miei sensori non hanno trovato traccia di
minerali locali… Sai, quel posto è già
mio: ci da un sacco di materia prima per le nostre scorribande. Ditemi,
figlioli, cosa ci facevate qui, se non vi interessava
la merce?”
“Ci facevamo i cavoli nostri,
ciccione. Problemi?”
“A dire il vero no. Ma avete
una bella nave, e ora che ci penso, potrei rivenderla
ad un prezzo decente all’Asta di Barione…”
Per una volta tanto, Blackjack
non profferì verbo, ma sparò due colpi al cuore del pirata… Colpi che
attraversarono il corpo dell’uomo, andando a perforare la paratia! Capitan
Nelson rise di gusto. “Quei gingilli contro l’Olandese Volante! Ma per favore!” Le sue mani volarono alle sciabole,
estraendole con un movimento leggero.
Le armi potevano sembrare
antiche, ma brillarono di energia, nel compiere un
doppio arco abbagliante. E tagliarono di netto le armi
di Rocket e Blackjack.
“Ecco, così si fa.” Nelson
rimise a posto le sciabole. Poi il suo sguardo si posò su Lylla. “Hmm, creatura
oltremodo graziosa.”
La lontra fece un paio di
passi indietro -quel tipo le metteva i brividi come neppure Lord Dyvyne il
Giocattolaio riusciva a fare…
Una manona calò enorme sul braccio di lei. Lylla emise una specie di squittio
allarmato.
La reazione di Rocket fu
pressoché istantanea: aiutato dai suoi razzi podali, saltò via dal sedile,
verso il vile che attentava alla sua amata!
Nelson gli diede una semplice
occhiata…col suo occhio cibernetico. Un raggio laser
colpì in pieno Rocket, che ricadde a terra, inerte.
Le forze di Lylla sembrarono
moltiplicarsi di colpo, ma per Nelson restava non più forte di una ragazzina. “Combattiva, e con una gran bella pelliccetta. Visto che mi avete divertito, voialtre bestiole, vi lascerò vivere. Del
vostro destino, decideranno i vostri futuri proprietari, dopo l’Asta di
Barione.” Detto ciò, fu avvolto dal bagliore del
teletrasporto. E scomparve insieme a Lylla.
Blackjack si chinò sul suo
compagno d’arme. “Ehi, boss. Non farmi scherzi, lo sai che da
morto sei un pessimo amico…”
Tossendo, tremando, Rocket
Raccoon si mise in ginocchio. “Dannato…” Si toccò il petto, dove, sotto il
costume lacerato, c’era la piastra antilaser -la sua
dotazione standard fin da quando era poliziotto su Halfworld.
L’astronave tremò. Tutti si
guardarono istintivamente intorno.
“Si direbbe che ci abbiano
pescato,” disse Wal Rus…
…Ed
era proprio così: la Rakk’n’Ruin era
avvolta da un immenso campo di forza a forma di rete.
Rocket si tolse il giubbotto
ormai rovinato. Nel guardare la nave pirata che li trascinava verso
l’imboccatura del wormhole. I suoi occhi erano carichi di odio,
adesso -un’emozione molto rara da vedere su quel guerriero.
“Nessuno. Nessuno rapisce la
mia Lylla. Costi quel che costi, la recupereremo. E
questi pirati scopriranno in che razza di guaio si sono cacciati!”